Asparagi
Finalmente è iniziata, almeno secondo il calendario, la stagione primaverile, che coincide con il capodanno iraniano, quando comincia la produzione (fuori serra) dell’asparago che si protrae sino a tarda estate – inizio autunno.
L’asparago è un prodotto del bacino del mediterraneo ed esiste in molte varietà. Io suggerisco quella tradizionale verde piuttosto che la versione bianca che, per essere tale, viene costretta a crescere nell’oscurità per impedire la fotosintesi.
L’asparago deve essere compatto, flessibile, con le punte chiuse e consistente.
Dopo un’accurata pulizia, si impugnano gli asparagi con entrambe le mani e si curvano sinché non si spezzano in due, da un lato il gambo e dall’altra la punta.
Il punto di rottura si trova alla transizione tra la parte fibrosa e la parte edibile (vedi immagine).
Una preparazione rapida, di seguito illustrata, ci permetterà di esaltarne il sapore conservandone le proprietà organolettiche.
In padella con un filo d’olio e a fiamma viva li rosoliamo facendoli rotolare, mentre li saliamo leggermente, ma per solo un minuto, sinché il colore diventa più brillante.
A questo punto aggiungiamo un goccio d’acqua e copriamo abbassando al minimo la fiamma.
Quest’ultima operazione, che dura circa 2 minuti, permette di ammorbidire un po’ gli asparagi cuocendoli, di fatto, a vapore.
Scoperchiamo e verifichiamo con i rebbi della forchetta che possano essere infilzati ma che contemporaneamente siano ancora consistenti (NON devono essere sfatti).
Possiamo quindi procedere a mangiarli come accompagnamento di altre portate o da soli, con una punta di senape, con del thain o con un pizzico di gomasio a seconda dei gusti.
Infine i gambi fibrosi, prima di essere scartati, possono essere utilizzati come base per un brodo vegetale poiché l’asparago contiene molta vitamina K e un aminoacido non essenziale – l’asparagina – che ha un forte odore quando emesso con le urine.
NOTA: la provenienza del cibo che mangiamo è importante perché la macrobiotica nasce dalla consapevolezza e dall’osservazione. Quindi, mentre cerchiamo di soddisfare il gusto e di esaltare le caratteristiche del cibo, non possiamo non considerare l’importanza di NON ricorrere a prodotti importati da lontano, altre nazioni o addirittura continenti.
Oltre all’impatto ambientale in termini di impronta energetica, bisogna considerare che spesso le colture in paesi lontani avvengono a seguito di disboscamenti, sfruttamento intensivo di preziose e spesso limitate risorse locali, come l’acqua, e sovente a scapito di necessità umanamente più urgenti ed importanti ma economicamente meno profittevoli.
Guido Rotondi, operatore shiatsu specialista di macrobiotica
N.B: i lettori che volessero proporre un argomento o domande alla rubrica “Una mela al giorno” posso scrivere alla nostra redazione.