Il linguaggio del tocco

In Pediatria sono numerosi i bambini stranieri e spesse volte è difficile comunicare con le mamme perché non conoscono l’italiano e io non conosco altre lingue.

Entro in una stanza, c’è una mamma straniera con una neonata in braccio; mi presento e le chiedo se desidera il trattamento per la piccola. Mi risponde di no, soprattutto perché non comprende quello che le dico. Si vede che la bimba è sofferente, ha la cannula dell’ossigeno e altri sondini. Mi dispiace lasciarla così e insisto un po’ dicendo che il trattamento porterebbe sollievo alla piccola; acconsente. Comincio a lavorarla e rimango stupita dalla rigidità presente nelle gambine. La tratto e miracolosamente avviene il dialogo con la mamma, un dialogo fatto di gesti e di ascolto del corpo. Le faccio sentire le contrazioni e come intervenire per scioglierle; mi conferma che la bimba scarica con difficoltà e insieme lavoriamo per allentare le tensioni. Si vede chiaramente che la piccola gradisce; termino con il massaggio del viso e la mamma mi chiede spiegazioni.
Esco dalla stanza con la sensazione di avere confortato e alleviato la solitudine di mamma e bimba.

Entro in un’altra stanza e trovo mamma e figlia di circa 12 anni; la prima cosa che mi dicono è che non parlano italiano. Con i gesti indico che vorrei fare il trattamento alla ragazza e per questo non serve parlare; acconsentono.
All’inizio Maria ride e ancora ride; c’è imbarazzo. Ma superato questo momento, non oppone più resistenza e posso procedere tranquilla con il mio lavoro. La lascio completamente rilassata e mezza addormentata.

Ma ci sono anche altre situazioni che rendono inutile il linguaggio:

Anna, 3 anni, ha occhi bellissimi ma la mamma mi dice che è sorda e cieca. La tratto e si lascia toccare con piacere, sembra assaporare ogni attimo del mio contatto, mi dà l’impressione che tutti i sensi siano in ascolto. Anche il mio trattamento è diverso: di solito rassicuro il bambino con un sorriso, con una parola; questa volta invece tutto quello che desidero comunicare deve passare attraverso le mie mani.

Queste sono esperienze fatte con soggetti con cui era impossibile comunicare verbalmente; tuttavia anche quando c’è la possibilità di parlare, grazie al tocco è più facile dialogare, perché il contatto porta sollievo, comprensione e unione.
La pelle è il nostro primo mezzo di comunicazione: grazie al tatto, possiamo andare oltre la parola, stabilendo un modo diverso di dialogare. Un bambino toccato con amore sa che non è solo e per questo è importante lo shiatsu.
Non è un caso se il verbo “toccare” viene usato anche per indicare un sentimento, un’emozione: “toccante” per commovente, “tenersi in contatto” per restare in comunicazione, “essere toccati” per coinvolgimento emotivo.

Marisa Fogarollo, autrice di “Shiatsu & Bimbi” e “Shiatsu per un armonico sviluppo dei nostri ragazzi”